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domenica 30 giugno 2013

Febbre di sapere

Be commited.  Uno degli aggettivi inglesi che più preferisco. Un po' per il suono, un po' per come si muove la bocca  per poterlo pronunciare. Commited è una persona che si dedica completamente e totalmente ad un'attività in cui crede, è una persona impegnata, pienamente coinvolta in ciò che fa.

Lo scorso venerdì ho avuto modo di vivere un pomeriggio per me speciale. Mi trovavo alla presentazione di un libro che è in uscita in queste ultime settimane e che sta riscuotendo ampio successo per i temi toccati, tratteggiati. "L'uomo che sussurra ai potenti" di Luigi Bisignani e Paolo Madron. Ad armonizzare la piacevole presentazione del libro c'era Ario Gervasutti, attuale direttore del Giornale Di Vicenza. Al momento dell'aperitivo, che ha fatto seguito alla presentazione, non ho potuto resistere dall'andare da lui per fargli una domanda che veramente mi sta a cuore in questi ultimi mesi: chi è il giornalista, che cosa significa essere giornalisti ai nostri giorni, come affacciarsi a questo mondo colossale, quale è l'editoria e il giornalismo, da piccoli che si è.

Ho ricevuto qualcosa che è andato ben oltre le mie aspettative.

La vita del giornalista è una vita sacrificata. Completamente sacrificata. Se ti svegli la mattina e appena apri un solo occhio hai già il desiderio frenetico di sapere che cosa sta succedendo, da qualche parte nel mondo, fosse in Libia o in Vietnam, fosse nella via dove abiti, allora stai percorrendo la strada giusta.

Se hai la febbre, quel genere di febbre che ti spinge a desiderare di interessarti a ciò che sta accadendo, a scoprire e a raccontare storie, allora il tuo cammino può cominciare. Nessuno comprenderà mai perchè un alpinista pur dovendo scalare una montagna alta 8000 m , brami di potersi spingere ancora più in alto..
Una persona normale potrebbe accontentarsi  di arrivare fino a metà , ma l'alpinista no. Qualcosa lo sollecita  dentro e si ritrova a spostare sempre più avanti i propri limiti. Questa è la malattia necessaria, la febbre imprescindibile.

Parlando ci si è chiesti se il sentimento che scaturisce quando si pensa al giornalismo sia di questo genere o se si tratta invece di amore per la scrittura. La risposta che sono riuscita a dare a questo quesito non è importante. Ciò che davvero è apprezzabile è che, cercando una risposta in me, tra le alternative, ho capito quale questa debba essere. Non è importante quale sia la risposta, ma che essa ci sia. E' stato importante avere avuto l'opportunità di comprenderla. La metafora della febbre mi ha entusiasmata davvero molto: pensando a noi stessi , a tutte le cose che facciamo nelle nostre giornate, a tutte le attività che vogliamo e che dobbiamo svolgere  per una ragione o per l'altra, c'è quel qualcosa per il quale ci sentiamo veramente ammalati? Si tratta di una malattia che potrà farti soffrire, eppure ti scuote e ti fa muovere veloce. C' è qualcosa che ci procura febbre , sensazioni vorticose? Qualcosa che ci alimenta, quotidianamente?

Lì per lì li, venerdì, non riuscivo a capire quanto fossi stata tremendamente fortunata a poter parlare con una persona che nel proprio settore è grande e competente. Una persona di spessore e impegnata.. è stato il giorno dopo che ho potuto rielaborare la giornata vissuta. E ho trovato qualcosa di importante e di illuminante.

Avere senso dell' impegno per le cose che si fanno. In fin dei conti se le facciamo è perchè lo abbiamo deciso. Perchè non cercare di farle bene? Ciò che forse manca oggi è sentirsi "ammalati" per qualcosa, in questo senso.

Mi piace ricordare alcune parole di Kierkegaard, filosofo esistenzialista del 1800 quando scrisse:

Ciò che in fondo mi manca è di veder chiaro in me stesso, di sapere ciò che io devo fare e non ciò che devo conoscere, se non nella misura in cui la conoscenza precede sempre l’azione. Si tratta di comprendere il mio destino, di vedere ciò che in fondo Dio vuole che io faccia, di trovare una verità che sia una verità per me, di trovare l’idea per la quale io voglio vivere e morire.”